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Dicembre 1, 2010

La crisi economica e le PMI europee

Massimo Falcioni, Direttore Centrale Euler Hermes SIAC

 

Analisi di Euler Hermes, Gruppo Allianz, sull’impatto della crisi economica e finanziaria nei confronti delle PMI europee. In Francia come in Italia le PMI hanno adattato i costi più rapidamente rispetto alle precedenti situazioni di difficoltà.

Euler Hermes ha analizzato l’impatto della crisi economica e finanziaria sulle PMI europee attraverso le sue informazioni sui bilanci del 2008 e 2009, presentati dalle imprese francesi e italiane. «Sembrerebbe che alcuni settori si siano rapidamente adattati alla crisi e abbiano conservato la profittabilità meglio di quanto ci si aspettasse. Si tratta di una differenza importante rispetto a quanto avvenuto nel 1993. Considerando quanto si sia ridotto il fatturato a causa della crisi, la redditività delle economie francese e italiana resta tutto sommato abbastanza elevata», sottolinea Michel Mollard, membro del Directoire di Euler Hermes.

Quindi, le PMI hanno scelto di conservare la propria redditività economica e finanziaria, cioè il ritorno sul capitale investito, anche nei settori più colpiti. In numerose situazioni il lavoro interinale è stato la principale variabile di aggiustamento utilizzata dalle imprese, per limitare la diminuzione della redditività.

Una redditività economica e finanziaria mantenuta in numerosi settori in crisi con forti disparità

L’analisi della redditività economica (risultato operativo rispetto al fatturato) e di quella finanziaria (risultato netto rispetto ai mezzi propri), delle imprese francesi e italiane, mostra delle differenze significative in funzione dei diversi settori.

I settori vincenti: farmacia e agroalimentare. Nel 2008 e 2009 questi due settori hanno conservato il livello di redditività.

Il settore farmaceutico, solo marginalmente colpito dalla crisi economica, resta uno dei più redditizi sul piano economico e finanziario, particolarmente in Francia dove ottiene un ritorno economico del 12% (8% in Italia).

L’industria agroalimentare registra una redditività economica simile nei due Paesi (4,2% in Francia, 4,1% in Italia) e superiore alla media degli altri settori industriali.

I settori che tengono: chimica ed edilizia. I due settori, fortemente colpiti dal rallentamento dei propri mercati, hanno comunque conservato il livello di redditività adattando i costi, particolarmente attraverso la riduzione del lavoro interinale.

Il settore della chimica ha conservato un reddito economico pari al 3,7% in Francia e al 5,2% in Italia, malgrado un significativo decremento delle attività (-9,2% in Francia, -13% in Italia). Il settore, dominato dai grandi gruppi, si è rapidamente adattato riducendo dell’8% i dipendenti in Francia.

Il settore edile ha egualmente reagito alla diminuzione delle attività mediante la riduzione degli organici. «Il personale ha rappresentato la variabile di aggiustamento, soprattutto per il fatto che il settore ha fatto ricorso strutturalmente a lavoratori interinali», afferma Karine Berger, responsabile economico di Euler Hermes. In questo modo la Francia ha potuto mantenere dei livelli di redditività finanziaria particolarmente elevati con oltre il 17%, rispetto al solo 1% dell’Italia. «L’elevato tasso di redditività finanziaria francese alla fine del 2009 è particolarmente rilevante, in quanto si tratta di un settore composto da alcune grandi imprese, ma anche da una moltitudine di piccole realtà», come precisa Karine Berger.

I settori perdenti: dalla filiera automobilistica alla filiera del legno

Le imprese della filiera automobilistica sono state le grandi vittime della caduta di produzione sui due lati delle Alpi. I settori della gomma e della plastica ha assistito ad un dimezzamento della propria redditività fra il 2007 e il 2009, i cui effetti sono stati attenuati mediante una forte riduzione del personale. Rimane bassa la redditività economica del settore metallurgico, con l’ 1,1% della Francia e lo 0,3% dell’Italia.

La filiera del legno e della carta, caratterizzata da anni da un eccesso di capacità, è stata colpita molto gravemente. L’insufficienza della domanda implica una riduzione delle capacità, non soltanto in Francia e in Italia, ma in tutta Europa. Nei due Paesi presi in considerazione, la redditività finanziaria, già debole prima della crisi, è diminuita di oltre l’ 80% fra il 2007 e il 2009.

Globalmente, i bilanci in grande equilibrio delle PMI hanno resistito bene alla crisi, anche senza negare le disparità esistenti, soprattutto per quanto concerne l’evoluzione del credito interaziendale e l’impoverimento del cash flow nelle imprese in difficoltà.

Il credito a breve termine e i flussi di cassa durante la crisi hanno avuto ripercussioni diverse, a seconda del settore merceologico.

Difficoltà della gestione finanziaria nei settori in crisi – Il prosciugamento del credito bancario a breve termine si spiega con l’aumento delle richieste finanziarie osservato praticamente in tutti i settori. Mentre in Francia si è verificato un accorciamento dei tempi di pagamento fornitori, in Italia si osserva un’estensione dei tempi di pagamento clienti. Tale situazione si verifica nei settori della gomma/plastica e della metallurgia. Quelli in difficoltà hanno assistito al deterioramento più grave dei flussi di cassa. Nel settore edile, le variazioni dei tempi di pagamento clienti e fornitori confluiscono in una perdita finanziaria pari ad un giorno di fatturato in Francia e un guadagno di sei giorni in Italia.

I settori risparmiati sono caratterizzati dalla stabilità del credito interaziendale – Di conseguenza, le industrie agroalimentari, soggette per una parte significativa a condizioni di pagamento fortemente regolamentate, presentano limitate variazioni dei conti clienti/fornitori.

«In considerazione della timida e fragile ripresa in corso, sembra chiaro che la gestione dei costi resterà prioritaria per il 2010 e 2011. Anche scommettendo su un ritorno all’investimento in un certo numero di settori, tutto lascia presagire che l’impiego sarà il punto debole della ripresa. Nonostante ciò, la capacita di resistenza nella competizione mondiale delle imprese europee si dimostra molto più convincente di quanto non pensino in molti», conclude Karine Berger.

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